Pescara, Italia
Pescara Jazz, 11-28 luglio 2014
Dopo aver superato numerose difficoltà legate al sostegno delle istituzioni, Pescara Jazz ha celebrato la 42esima edizione con un cartellone distribuito in date e spazi differenti. Il nucleo principale del programma è stato come sempre destinato al Teatro D’Annunzio.
Sulla scorta del recente Alive, Hiromi sembra aver consolidato il suo multiforme approccio alla poetica del trio. Molto strutturate armonicamente e congegnate meticolosamente sul piano ritmico, le composizioni evocano il jazz rock, si colorano di tinte progressive nelle aperture melodiche e nei passaggi più enfatici, virano verso la tradizione jazzistica nelle improvvisazioni pianistiche, dove si colgono tracce di Peterson, Tatum e Corea. Le fa da degno contraltare Simon Phillips, prodigo di potenti dinamiche e figurazioni immaginifiche. In questo contesto l’ago della bilancia risulta Anthony Jackson, con le linee avvolgenti del suo strumento a sei corde.
Riproporre Mingus rappresenta indubbiamente un azzardo, ma Riccardo Brazzale con la Lydian sound Orchestra ha vinto la scommessa. I contenuti di The Black Saint and the Sinner Lady sono restituiti nel pieno rispetto dei tratti distintivi di Mingus: le melodie di ampio respiro, dai seducenti risvolti ellingtoniani; le febbrili tensioni armoniche; le vocianti polifonie; la dialettica serrata tra sezioni e solisti, tra i quali spicca Mattia Cigalini (as); i rimandi a New Orleans attraverso l’effetto growl degli ottoni; l’amore per il flamenco, incarnato dalla chitarra di Juan Lorenzo.
Bepi D’Amato (cl) e Tony Pancella (p) hanno offerto un set di squisita fattura, mettendo in luce i saldi legami tra Ellington e Monk. La loro lucida e ponderata interazione conduce in modo indolore «Isfahan» nell’impianto di «Ask Me Now». Al tempo stesso, si articolano con logica stringente «It Don’t Mean a Thing», «Monk’s Mood», «Thelonious» e un frammento di «Ugly Beauty». Allievo di Tony Scott e idealmente erede di Buddy De Franco, D’Amato produce una vasta gamma di sfumature, specialmente in un’emozionante versione di «Chelsea Bridge».
Billy Cobham è rimasto ancorato ad un concetto superato di jazz rock. Benché la musica, fin troppo strutturata e povera di dinamiche, mostri maggior respiro armonico e melodico rispetto al passato, la batteria ne resta il prepotente centro motore. A Christophe Cravero e Camelia Ben Naceur (kb) è affidato un grosso lavoro di cucitura, a Jean-Marie Ecay (g) e Michael Mondesir (elb) un ruolo più convenzionale, mentre la steel pan di Junior Gill svolge una funzione non solo coloristica.
Stefano Bollani (p) e Hamilton de Hollanda (mand) propongono un intelligente intrattenimento, esaltando il virtuosismo e cesellando melodie di varia provenienza con gusto ed inventiva: chôro, Retrato em branco e preto, Berimbau, Guarda che luna, Oblivion.
Per il progetto Colors of a Dream Tom Harrell ha concepito un rovesciamento di ruoli che apre nuovi scenari. Eliminato il supporto del piano, ha demandato ai fiati (flicorno e tromba, il contralto di Jaleel Shaw e il tenore di Wayne Escoffery) il compito di allestire spartani impianti armonici. I contrabbassi di Ugonna Okegwo ed Esperanza Spalding imbastiscono linee dense ed elastiche, a volte enunciando i temi e sempre alternandosi tra assolo e accompagnamento. Ne scaturisce un fitto tessuto per il multiforme tappeto predisposto da Johnathan Blake (dr). In alcuni casi affiancati dalla voce di Ms. Spalding, i fiati si avventurano tra le complesse griglie armoniche e gli spericolati disegni melodici, sviluppandone i presupposti.
Proveniente da esperienze pop, Simona Molinari ha presentato un ambizioso tributo a Ella Fitzgerald con Claudio Filippini (p), Fabrizio Pierleoni (b) e Fabio Colella (dr). Per quanto dotata di una voce educata, la cantante non possiede il patrimonio tecnico e la sensibilità necessari per cantare jazz: «Someone to Watch over Me», «The Man I Love», «‘Round Midnight» si riducono a un piatto esercizio scolastico.
Di tutt’altra sostanza l’acclamata esibizione di Al Jarreau: abile entertainer e vero acrobata capace di spaziare tra swing, ballad, soul e funky mischiando scat, vocalese, beatboxing e facendo rivivere classici come «Take Five» e «Blue Rondo à la Turk» di Brubeck e «Mas que nada» di Jorge Ben. Impeccabili gli accompagnatori: Joe Turano (as, ts, kb), Larry Williams (kb, fl), John Calderon (g), Chris Walker (elb), Mark Simmons (dr). A 74 anni, Jarreau sa ancora giocare (nel senso di to play, jouer) come un bambino. Con lo stesso spirito ludico che riflette la filosofia di Pescara Jazz.
Enzo Boddi Foto © Paolo Iammarone
by courtesy of Pescara Jazz © Jazz Hot n° 669, autunno 2014 |
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